Ancora oggi molti di coloro che si dedicano a lunghe navigazioni, traversate oceaniche e giri del mondo, scelgono le barche in alluminio. Quando e come è nata questa tendenza e perché questo metallo è così apprezzato.
Sé è vero che la navigazione a vela è da sempre sinonimo di libertà, ci sono delle barche speciali che per la loro costruzione, il design, le soluzioni tecniche e le filosofia che le ispira, proiettano la vela in una dimensione ancora più avventurosa, legata ai lunghi viaggi e all’esplorazione. Stiamo parlando dei cabinati in alluminio, un materiale che fin dal suo ingresso nel mercato nautico da diporto, a metà degli Anni 60, si è subito conquistato la fiducia di una stretta cerchia di velisti giramondo, pronti a tutto e curiosi di navigare anche in zone remote, difficilmente accessibili a bordo di altre barche. Le sue doti di solidità, leggerezza e affidabilità per i viaggi a vela più estremi possono rivelarsi più affidabili rispetto ai tradizionali materiali utilizzati nella costruzione nautica, come la vetroresina e il legno.
Ancora oggi le barche in alluminio, complici l’evoluzione tecnologia, i moderni processi di produzione e le soluzioni più all’avanguardia in termini di design, ergonomia e supporto alla navigazione, piacciono molto ai velisti e vengono considerate alla stregua di “4 x 4 del mare” con cui fare lunghe crociere, traversate oceaniche e giri del mondo. Vediamo allora in questo articolo come è nato questo legame tra vela, avventura e alluminio e perché molti giramondo moderni salgono a bordo di queste barche.

Un materiale da sempre legato al viaggio e all’avventura
È a partire dagli Anni 60 che si diffonde la cultura del viaggio a vela intorno al mondo. Non per ragioni commerciali, militari o strategiche, ma proprio come viaggio di piacere, come scelta di vita ed espressione massima del concetto di libertà. Ispirati da alcuni grandi pionieri, come Joshua Slocum e Bernard Moitessier, veri e propri vagabondi degli oceani che per primi hanno effettuato queste lunghe navigazioni, tanti velisti comuni hanno cominciato a replicare queste imprese. Erano gli anni della controcultura, della protesta, dell’anticonformismo, e viaggiare in lungo e in largo per gli oceani per molti diventava un modo per vivere appieno questi fermenti personali e sociali.
In quello stesso periodo nascevano regate dedicate a questa nuova filosofia, come per esempio la Golden Globe Race, giro del mondo a vela organizzato per la prima volta nel 1968 dal giornale britannico The Sunday Times e considerato il “padre” di tutte le competizioni veliche transoceaniche in solitario e senza scalo.

Barche mitiche che hanno ispirato generazioni di velisti
Per completare in sicurezza questi lunghi viaggi verso l’ignoto serviva una barca molto affidabile. Al di là del legno, utilizzato per lo “Spray” di Slocum, e l’acciaio con cui era costruito il mitico ketch “Joshua” di Moitessier, fu in quel momento che prese piede nella costruzione di questi cabinati un altro tipo di metallo all’epoca straordinariamente innovativo: l’allumino marino.
Uno dei cantieri che più di tutti contribuì alla diffusione dell’alluminio in chiave nautica fu il francese Meta Yachts, fondato nel 1967 da Jean Fricaud e da suo figlio Joseph. Dalla mente geniale e le mani sapienti di questi due artigiani uscirono alcune barche diventate iconiche per la navigazione oceanica. Per esempio il mitico “Damien” a bordo del quale i navigatori Jérôme Poncet e Gérard Janichon completarono diversi giri del mondo. Oppure il celebre il “Northern Light” con cui la coppia di velisti Rolf Bjelke e Deborah Shapiro navigarono dall’Artico all’Antartide passando per il Nord America, il Brasile, l’Argentina e il Sud Africa.

Tanti ormai i cantieri nautici specializzati
Anche sull’onda di questi viaggi straordinari, raccontati in splendidi libri altrettanto suggestivi, l’allumino come materiale di costruzione nautico nelle decadi successive cominciò a diffondersi sempre di più, sia su scafi da crociera che da regata, compresi i multiscafi. Tutti ricordano per esempio il famoso Seamaster, la goletta di 36 metri a bordo della quale Sir Peter Blake, uno dei velisti più forti di tutti i tempi, vincitore di due America’s Cup, navigò a lungo nei mari australi negli Anni 90.
Oltre a Meta Yachts sono nati nel tempo altri cantieri specializzati, come Allures Yachting, Alubat, Boreal, Garcia Yachts, sempre in Francia. Ma anche Hutting Yachts e KM Yachtbuilders in Olanda e altri cantieri simili in Germania, Inghilterra e Stati Uniti. In Italia ultimamente si sta facendo strada Stem Marine che dopo una lunga tradizione su barche a motore per l’emergenza e il soccorso ha appena inaugurato una nuova gamma di innovativi cabinati a vela in alluminio. Il target di questi cantieri sono proprio quei velisti che amano l’avventura, i lunghi viaggi ai confini del mondo, le traversate oceaniche e i giri del mondo.

Sicurezza, solidità e vocazione “green” imbattibili
Ancora oggi molti di coloro che si dedicano a una dimensione più estrema dell’altura scelgono una barca in alluminio. Un nome su tutti? Jimmy Cornell, giornalista, navigatore, inventore della celebre ARC (Atlantic Rally for Cruisers) e uno dei più famosi velisti “long range”. Come barca definitiva per le sue navigazioni intorno al mondo Cornell ha scelto un Garcia Exploration 52, un cabinato in alluminio moderno in grado di sfidare i ghiacci come i caldi equatoriali.
La parola chiave per quelli come lui è infatti la sicurezza della navigazione e su questo fronte l’alluminio ha pochi rivali. I cabinati in alluminio infatti sono apprezzati per la loro resistenza, durata e robustezza. Sono leggeri e facili da manovrare, ma soprattutto sono in grado di resistere agli urti, anche violenti, come per esempio collisioni con scogli, detriti alla deriva o altre imbarcazioni. Proprio su questo forte legame tra alluminio e sicurezza applicato alla vela, l’azienda italiana Stem Marine di recente ha concepito il proprio Stem 50, un moderno cabinato per lunghe crociere improntato alla facilita di conduzione e alla sicurezza della navigazione.
Inoltre, le barche in alluminio non si deteriorano a causa dell’esposizione al sole, richiedono una manutenzione minima e sono relativamente semplici da riparare. C’è infine la questione ambientale, cara a tutti ma ancora di più ai velisti che il mondo lo girano per davvero e sanno quanto è un problema critico dei nostri giorni.
Una barca in alluminio ben costruita è praticamente eterna, se sottoposta a una corretta manutenzione. Ciò rende tale materiale estremamente sostenibile, senza contare il fatto che una barca in allumino può essere facilmente riciclata a fine vita per diventare qualcos’altro di utile e non inquinante.
