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Uomo a mare: come prevenire e gestire al meglio l’emergenza

6 Dicembre 2024
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L’incidente accaduto al velista Dag Eresund durante la Arc 2024 riaccende i riflettori su una delle più gravi emergenze che possono capitare a bordo di uno yacht: la caduta fuoribordo di un membro dell’equipaggio. Ecco come prevenire questo tipo di incidenti, cosa prevede la normativa a riguardo e come procedere al soccorso del naufrago.

Bastano pochi secondi, un colpo di vento, una scivolata o un inciampo in coperta, la barca sbandata e si cade fuoribordo. Quella dell’uomo a mare è una tra le più gravi emergenze che possono capitare a bordo di uno yacht. Se gli altri membri dell’equipaggio non danno subito l’allarme e il timoniere non manovra prontamente per il recupero, possono essere guai seri. Se poi l’incidente si verifica di notte, con i relativi problemi di visibilità, la situazione può diventare ancora più grave.

Come è successo lo scorso 2 dicembre durante la Arc 2024, rally atlantico in flottiglia che si svolge su una rotta di 2.700 miglia dalle Canarie ai Caraibi. Alle ore 2:27, in piena notte, Dag Eresund, un velista svedese di 33 anni che era imbarcato sul Vor 70 “Ocean Breeze”, è caduto fuoribordo nel mezzo dell’Atlantico. Al momento dell’incidente Dag indossava un giubbotto di salvataggio autogonfiabile con un localizzatore Ais personale. L’equipaggio della barca ha dato subito l’allarme, ma in quell’oscurità non è riuscito ad individuarlo. E la stessa macchina dei soccorsi, gestita dal Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo (MRCC) di Norfolk, Usa, è ancora impegnata nelle operazioni di “Search and Rescue”, senza tuttavia nessun esito.

Vediamo allora in questo articolo come prevenire la caduta fuoribordo di un membro dell’equipaggio di uno yacht, cosa dicono a riguardo sia la normativa attuale che la prassi seguita dai professionisti della vela, e soprattutto come gestire questo tipo di emergenza, comprese le operazioni di soccorso.

uomo-in-mare

Prima regola: indossare sempre la cintura di sicurezza

L’esperienza di perdere un uomo in mare secondo le statistiche di incidenti nautici per fortuna è piuttosto rara. Resta tuttavia una possibilità concreta quando si naviga e bisogna esserne consapevoli. Spesso i diportisti pensano che si tratti di un’evenienza circoscritta a condizioni di cattivo tempo o con la barca portata al limite. In realtà, anche durante una normale navigazione un imprevisto o un errore sono sempre possibili.

Come sempre, quello che conta in mare è la prevenzione. Un buono skipper deve prevenire la possibilità che questo tipo di incidente accada. Per prima cosa organizzando un briefing per trasmettere all’equipaggio alcune nozioni base di sicurezza. Tra queste per esempio l’obbligo di indossare sempre le scarpe quando si manovra in coperta (issare le vele, azionare il salpancora, etc.). Oppure camminare flettendo le ginocchia quando la barca è sbandata e ancora tenere la coperta sgombra da oggetti e attrezzature inutili. E poi soprattutto la regola più importante di tutte, ossia quella di indossare la cintura di sicurezza agganciata alla “jack line” durante i turni di guardia notturni o in caso di brutto tempo. È solo questo infatti il dispositivo che impedisce materialmente alle persone di cadere in acqua e previene questo tipo di emergenza.

Non a caso il nuovo Regolamento di attuazione del Codice della Nautica (Decreto 17 settembre 2024, n. 133), che è entrato in vigore in Italia a partire da 21 ottobre 2024, sancisce l’obbligo per tutte le unità a vela che navigano oltre le 12 miglia dalla costa di avere a bordo la cintura di sicurezza omologata in conformità alle norme ISO e certificata CE.

equipaggio-in-barca

Dispositivi utili al naufrago: salvagente e luce automatica

Se nonostante tutte le precauzioni poste in essere durante la navigazione, un membro dell’equipaggio cade comunque fuoribordo, ci sono alcuni dispositivi fondamentali che aumentano le possibilità di sopravvivenza, localizzazione e recupero del naufrago. Per prima cosa il giubbotto di salvataggio, meglio se autogonfiabile e con una buona capacità di galleggiamento (dai 150 Newton in su). Alcuni modelli di salvagente hanno anche il cosiddetto “sprayhood”. Si tratta di un cappuccio con visiera trasparente che evita di respirare e inghiottire acqua nebulizzata per via del vento e dei frangenti.

soccoritori-impegnati-in-recupero-uomo-a-mare

Altro elemento importantissimo, specialmente se l’incidente succede di notte, è che il giubbotto di salvataggio sia dotato di una luce ad attivazione automatica. Questa fonte di luce infatti potrebbe rivelarsi decisiva per localizzare il naufrago alla deriva.

Altro dispositivo che aumenta le possibilità del naufrago di essere localizzato è l’asta IOR. È un’asta con in cima una bandiera, in grado di rimanere in verticale quando si trova in acqua facilitando così la ricerca della persona in mare. L’asta IOR può essere direttamente collegata al salvagente e nella maggior parte dei casi la bandiera sulla sua cima è gialla o rossa.

Localizzare il naufrago grazie al radar e ai satelliti

Sempre in tema di localizzazione della persona caduta fuoribordo, è la tecnologia ad aiutare i diportisti a gestire questo tipo di emergenza. In particolare ci sono due dispositivi che potrebbero davvero fare la differenza nelle operazioni di “Search and Rescue”. Il primo è il PLB che sta per “Personal Locator Beacon”. Si tratta di un localizzatore satellitare individuale che può essere rilevato in tutto il mondo. Va inserito nel giubbotto di sicurezza o in una tasca della cerata, è impermeabile e alimentato da una batteria al litio che gli consente un’autonomia di 24 ore. Si attiva sempre manualmente, estraendo l’antenna incorporata e premendo l’apposito tasto di accensione. Una volta attivato, il Plb emette flash altamente visibili su lunghe distanze e anche di giorno con la luce del sole.

Altrettanto utile può essere un localizzatore Ais, che è quello che aveva Dag Eresund. È un piccolo dispositivo ideato per agevolare il ritrovamento di una persona caduta accidentalmente in mare. Si serve del sistema di identificazione automatica Ais utilizzato per tracciare il traffico navale al fine di evitare le collisioni in mare. Una volta attivato, il localizzatore Ais trasmette per almeno 24 ore un segnale radio di allarme sulla banda Vhf (canale 87b e 88b). Questo può essere visualizzato da tutte le navi che si trovano in un raggio di 4-7 miglia dotate di un ricevitore compatibile con la stessa tecnologia. Tale allarme può essere intercettato con un ricevitore AIS specifico, ma anche dallo stesso chartplotter della barca, da un personal computer, dallo schermo digitale di una radio Vhf o di un tablet, se predisposti.

localizzatore-ais

Cosa fare nell’immediato: la ricerca visiva

Nel momento in cui un membro dell’equipaggio cade in mare è fondamentale che l’equipaggio della barca sappia che la cosa principale è non perdere di vista il malcapitato. Oltre a dare immediatamente l’allarme è fondamentale incaricare qualcuno di individuarlo in acqua e non perderlo mai di vista comunicando al timoniere la posizione del naufrago in relazione alla barca.

Non è un’operazione banale: vedere un uomo in mare anche in assenza di onda e a distanza ravvicinata non è facile. Con onde di appena 40 centimetri e vento sostenuto può essere ancora più difficile. Di notte, è praticamente impossibile.

Reagire subito e sfruttare la barca: le manovre di recupero

Se il naufrago viene individuato, ci sono più tipi di manovre che secondo la prassi marinaresca possono essere messe in atto per recuperarlo in sicurezza. La manovra classica di recupero dell’uomo a mare prevede, dopo avere acceso il motore, di mettere subito il timone dal lato di caduta del naufrago, lanciare un salvagente anulare (di notte anche una boetta luminosa), chiamare l’equipaggio in coperta, e quando lo scafo ha accostato intorno ai 70 gradi, invertire lato al timone fino ad assumere rotta inversa a quella iniziale. Procedendo in tal modo lo scafo descriverà un arco completo (curva di Williamson) fino a tornare nei pressi del naufrago, il quale verrà avvicinato sottovento, ponendo il motore in folle all’arrivo sullo stesso. Nel caso del recupero a vela, bisogna invece mettersi immediatamente al traverso, chiamare l’equipaggio in coperta, strambare e tornare verso il naufrago sempre al traverso, orzando verso di lui per arrivarci molto vicino, con la prua al vento e la barca quasi ferma.

manovre-di-recupero

L’Isaf, ossia l’Associazione Internazionale della Vela, consiglia una manovra molto più rapida che prevede di orzare immediatamente fino a mettere la prua al vento per rallentare la barca, virare con il fiocco a collo, avvolgerlo o ammainarlo subito dopo e, con la sola randa, completare il giro nelle vicinanze del naufrago, strambando quando è poco a poppavia del traverso e orzando nuovamente verso di lui, in modo da arrivarci molto vicino con la prua al vento e quasi fermi.

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Naufrago sveglio e reattivo oppure incosciente

Spetta allo skipper decidere quale manovra eseguire in base al contesto, alle persone presenti a bordo, allo stato psicologico di chi è caduto in acqua, alle sue condizioni fisiche e al meteo. Se il mare è calmo e il naufrago è cosciente, la situazione può essere risolta velocemente. L’uomo sale in qualche modo a bordo, anche più semplicemente dalla scaletta di poppa. Il caso più drammatico e complesso è quando questi a causa di un urto, perde conoscenza. In questo caso è necessario che un membro dell’equipaggio, dotato di giubbotto o di anulare, si butti in acqua per sostenere il compagno in attesa dell’arrivo della barca.

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Una volta accostato l’uomo, per riportarlo a bordo il sistema più pratico è gettare velocemente il tender in acqua e spingervi il naufrago dentro. Oppure si può utilizzare una cima e farla passare sotto le ascelle del malcapitato. L’ideale è avere a bordo una cintura da recupero. Questa, una volta passata intorno all’uomo, viene agganciata a una drizza con la quale attraverso un winch si può sollevare la vittima dell’incidente sino a riportarla a bordo.

La macchina dei soccorsi: allarme, localizzazione, prelievo

Naturalmente in caso di uomo a mare, è assolutamente cruciale lanciare l’allarme e attivare i soccorsi esterni. Questo è particolarmente importante soprattutto quando si perde il contatto con il naufrago. Si può comunicare l’emergenza via radio alla Guardia Costiera o alle autorità marittime. Queste mettono in moto le ricerche per mezzo di unità navali e aeree, come per esempio l’uso di elicotteri attrezzati per il recupero e l’assistenza sanitaria a bordo. A seconda della distanza dalla costa può essere necessario anche coinvolgere unità già presenti in zona. Eventualmente, anche altre navi o yacht privati possono modificare la rotta e raggiungere il luogo dell’incidente.

L’analisi dei tempi, così come lo studio del meteo, del vento e delle correnti in atto, possono aiutare nelle operazioni di individuazione del naufrago. Ma anche la posizione Gps eventualmente attivata dai dispositivi di localizzazione satellitare personali. In emergenze di questo tipo la velocità d’intervento è fondamentale! Più tempo passa, più le possibilità di sopravvivenza di chi è in acqua diminuiscono progressivamente. Questo a causa dello shock emotivo, della temperatura dell’acqua, della presenza di eventuali onde alte o animali pericolosi, come squali o meduse.

Insomma la caduta accidentale fuoribordo quando si naviga su uno yacht è un’emergenza grave e va prevenuta con ogni mezzo. Non a caso la recente normativa italiana ha appena introdotto l’obbligo di avere a bordo la cintura di sicurezza, oltre al tradizionale giubbotto di salvataggio. Inoltre, la manovra di recupero dell’uomo a mare fa da sempre parte del programma di esame per l’ottenimento della patente nautica. Bisogna conoscerla ed esercitarsi sistematicamente a farla, proprio come fanno i marinai professionisti.

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